Chi è Sherazad? Non è solo la voce narrante delle Mille e Una Notte, ma è soprattutto una donna che pone fine, con la parola, alla fatalità della condizione femminile sottomessa ad un potere. Sherazad, grazie alla parola, è riuscita a riconquistare e a riscattare per sé e per tutte le altre donne, un ruolo ed uno statuto.
Ancora oggi Sherazad può rappresentare un mito emancipatore in una società in cui l’integrismo degli uni si oppone all’integrità degli altri ed in cui, per tutti, uomini o donne, la presa di parola è sempre più difficile e rischiosa. La presa di parola può risolvere, al di là di ogni sorta di violenza, questa dialettica fatale fra FIS ed Occidente, fra democrazia e terrore, fra velo e libertà.
Nell’ascoltare alcune di queste “poesie del cassetto”, ci sembrerà di percepire un’unica voce, un’unica storia, un unico ritmo, così come nelle Mille e Una Notte si tratta sempre di un’unica storia, quella di Sherazad che si racconta attraverso un immaginario che solo lei conosce, di cui è depositaria e di cui ha la facoltà di interromperne il flusso, senza mai porre una fine definitiva, prolungando così la “sua” realtà che coincide con i momenti di vita a lei accordati da un potere assoluto, cieco ed assetato di sangue.
Il sacrificio di tanti poeti ed intellettuali algerini non è ancora bastato? Si aspetta ancora Sherazad? Oppure ognuno di loro altro non è o non è stato che una Sherazad imbavagliata e quindi incapace di riscattarsi?
Si tratta di una poesia che circola clandestinamente negli anni 1980 -1990, che sgorga dall’incrocio di tre lingue: arabo, berbero e francese, dando risalto ad una profonda unità creatrice.
L’antologia dalla quale abbiamo scelto alcuni dei poemi più significativi è curata da Farida Ait Ferroukh e da Nabile Farès [1] e non è un caso che sia dedicata a Tahar Djaout, lo scrittore assassinato nel giugno del ‘93.
La “letteratura del cassetto” è un movimento di ampie dimensioni, dotata di un corpus molto vasto, eterogeneo, dai confini vaghi, praticamente sconosciuto, perché la sua diffusione è sempre stata quasi segreta, limitata nel tempo e nei mezzi, nessun editore si è mai preoccupato di divulgarla, i poemi circolavano ciclostilati all’Università, nei bar. In sostanza, in questa letteratura convergono diverse generazioni di poeti e di scrittori, ciò che prenderemo in esame in queste pagine è una breve scelta antologica tratta da Effraction. La poésie du tiroir.
Chi può definirsi “poeta del cassetto”? Sicuramente tutti lo sono stati nella fase che ha preceduto la notorietà e molti sono rimasti tali perché le loro opere non hanno mai visto la luce. "Letteratura del cassetto cosi' i suoi creatori chiamano le loro opere perché non hanno mai avuto la fortuna di farle pubblicare... ed eccoli nella marginalità. Alcuni faranno sentire la propria voce auto pubblicandosi. Ecco come sono nate le famose "Editions Rebelles", "Auto-Editions", "Editions du Stencil". Per molto tempo, G. Touati con altri poeti: Y. Sebti, D. Martinez, H. Tibouchi... hanno creato opuscoli da distribuire per strada oppure imporre, per esempio, durante un congresso ufficiale (1968) sostituendo ai documenti i loro scritti accompagnati da un virulento pamphlet. La tradizione si perpetuerà negli anni 1970 e 1980 - soffocamento e repressione permettendo - a sua volta anche Djamel Ben Merad realizzerà degli opuscoletti” [2].
C’era chi leggeva i suoi
poemi [3] al telefono, nei
caffè, alla Fac Centrale vicino all'ex -Muro del pianto ribattezzato
Vicolo della poesia, oppure a casa di
Tre lingue, arabo, berbero e francese, molti poeti ed un percorso che copre l'arco di un decennio. Si tratta di una data indicativa perché molti di loro, in realtà, scrivono da sempre, tuttavia, questa produzione è segnata da due date importanti: primavera 1980 seguita dalla repressione; e la repressione dell'ottobre 1988 seguita dalla parola e dai primi frutti della democrazia.
Poeti quali A. Ghezali, M. Ourad e R. Kaci vivono a caldo il movimento culturale all’Università e i primi due, assieme ad una ventina di altri compagni, saranno incarcerati.
La repressione, il carcere, la tortura, creano un clima di imbavagliamento, ma subito dopo l’88 emergono in massa poeti che scrivono in berbero [4], una lingua minoritaria che ha sempre rappresentato una no man’s land storica sociale e culturale, suscettibile di rivendicare forte e chiaro un'identità ed una libertà a lungo represse.
L'università diventa rapidamente
teatro della primavera 80, con slogan, manifestazioni... La rivendicazione
culturale ed identitaria è accompagnata da una grande rabbia di scrivere. Attorno
a "Debza", troupe teatrale studentesca, nata dall'incontro di Méziane
Ourad e
Per accostarci a questo movimento proponiamo una scelta di poemi preceduti da alcune notizie sull’autore.
·
Méziane Ourad,
nato nel 1956, è stato prima professore di francese in un liceo, poi giornalista
a Algérie-Actualités, Horizons, Jeunes-Afrique Magazine, Coup de Soleil,
inoltre è stato il polo catalizzatore del gruppo Debza, scaturito dall’incontro
con
DOMANI
prorompere
poi sgocciolare
lungo i muri dei palazzoni
Invadere la strada
per spezzarne la noia
innaffiare l’asfalto
per farvi sbocciare
Il garofano
Fondere per rinascere
Nuovo nel mondo color “terra”
Abbasso la geometria!
Sempre dritto, non c’è nulla,
Dovunque c’è la vita
che piange i propri amici morti
su un letto di sapere.
L’amore giace accanto a lei
Con gli occhi stravolti,
nella sua mente un ricordo;
quello di un vero abbraccio
quello d’un incendio sterile
quello di un bambino nato morto
che non vuole morire
Questi campi, questi ruscelli...
sono troppo belli,
non posso separarmene!
E si alza
E se ne va
E la vede
L’abbraccia
L’amore sorride
e tutto si spegne. [5]
Méziane Ourad divide parecchie esperienze ed idee con Rachid Kaci. Proponiamo un poema che porta la firma di entrambi:
Una mano gelata
scorreva su una piastra
radiante
La sfida era lanciata
chi dei due doveva fondere?
Una lacrima di passaggio
guardò la giostra
sorrise e poi andò via.
Da quel giorno
i figli del dolore
hanno gli occhi asciutti. [6]
· Rachid Kaci è nato nel marzo 1959 a Bégayet. Dopo un diploma di interpretariato all’Università di Algeri, ha lavorato come giornalista. Ha iniziato a scrivere verso i dodici anni e la sua produzione è notevolmente aumentata durante la primavera dell’81 quando fu arrestato assieme ad altri studenti.
Cantare la fonte
di queste lacrime
Oh così rassicuranti,
appannaggio di coloro i quali
sperano un giorno
di ricavare la felicità
dalla pietraia.
Cantare il passaggio
di questo sguardo estraneo
illuminato di mille riflessi,
sguardo che si abbassa
sotto il peso di tutti i suoi fiotti
di mendicità.
Cantare l’infallibile sogno
fra quattro mura viscide,
l’infallibile chiarore ritrovato
nell’oceano di sgomento
nella solitudine plurale.
Cantare il poeta
dalle palpebre ricucite,
dal sorriso smembrato,
mutilato del potere delle sue parole.
Cantare di essere più numerosi a gemere,
a serrare i denti
contro questo corpo imponente
indesiderabile per il suo voler impedire
l’infernale melodia dei lamenti.
Esser lì, tutti insieme
a cantare la terribile avventura
l’incredibile ballata
al di là dei cuori
Poi... poi distendermi finalmente
vicino al mio corpo e gridare con tutta la forza
del mio pianto, la mia ultima canzone!...[7]
· Joucef Nedjimi, nato il 3 ottobre 1952 ad Algeri, musicista, fotografo, co-produttore ed animatore assieme a M. A. Allalou della trasmissione radiofonica “Sans pitié”, dall’ottobre 1988 al giugno del 1990.
Il mio dolore:
CIRCONCISIONE.
Le mie punizioni
LA SCUOLA.
Le mie scappate:
IL GIARDINO PUBBLICO.
La mia paura:
IL TRIBUNALE.
Le mie angosce:
MIA MADRE.
Le mie gioie:
IL CINEMA.
Le mie sofferenze:
L’ALLOGGIO.
I miei dispiaceri:
LEI.
Le mie debolezze:
I SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTILAIDO [8]
(Primavera 1982)
· Abdelkrim Ghezali, nato nel 1956, in piena guerra d’indipendenza. Dopo una laurea in Lettere Arabe all’Università di Algeri si è dedicato all’insegnamento e poi al giornalismo. Scrive tanto in chaoui (dialetto berbero dell’Aurès) - sua lingua madre - che in dialetto algerino. Membro attivo della compagnia "Debza", gli dobbiamo i canti chaoui che la troupe annovera nel suo repertorio.
FADHMA
Fadhma, di fronte al focolare, il riflesso
della brace rischiara il suo viso
dimentica la profondità della sua notte
convoca il suo sole diurno.
Il mestolo le cade di mano
Fadhma eterna sognatrice,
donna che ha tanto atteso
che un’onda la spinga
verso il paese della libertà.
Il sole brilla sul suo viso
e le dice: “perché non vieni
con me ad incontrare i tuoi fratelli di sofferenza
perché non facciamo assieme lo stesso cammino?”
Contempla le scintille
che salgono e che scendono
vorrebbe unirle
per dire la sua con loro. [9]
· Farida Ait Ferroukh, nata dopo l’euforia e la delusione dell’indipendenza, cresce nel clima della parola confiscata. Riappropriazione in e con la parola, esplosione perpetua di un corpo inciso nel trittico: donna-giovane-berbera...
AWAL
L’immagine è vittima di un rapimento violento
un dolore intenso
la vertigine del mio corpo si spegne
nella mia bocca
Davanti ai miei occhi, giace un’ombra
Il segno agonizza
frammento d’un delirio mutilato
L’immagine soffre il percorso.
Reclamo il mio grido
parola bisbigliata
immolata
nell’amarezza.
Soffro la lingua
mi avvicino alla parola
che scivola via nei meandri
del mio tormento.
Le mie immagini non vogliono crepare.
Il mio corpo presente a forza di essere assente
Sono donna?
grido
ombra
voluttà
o amarezza?
Le parole trasportano tutta la loro
carica originale
tutta la loro emotività
iniziale.
Il mio sguardo partorisce
dovere / vestigia
di un pensiero in perpetuo movimento
Traccia che genera in rappresentazioni
L’immagine soffre il percorso
Soffro per le mie voglie, le mie grida,
i miei singhiozzi soffocati
soffro per le parole che martellano forte nella mia testa
che suonano ferree nel mio
corpo
partorisco versi troppo vividi
che volteggiano nelle mie vene e nei miei
sogni.
La mia lingua suppura il silenzio
spasmi verbali percorrono
il mio spento corpo
Pute nella mia bocca
Nelle mie viscere
Le parole sono...
le parole sono invisibili
in esilio
Babel
o Bab...
porta...
quale?
nessuna
sì
no
nulla!
Come calafatare con parole
l’apertura?
Come modellare la mia indicibile
angoscia?
Mi consumo nell’infuocamento
del mio alito
Il mio fiato aspira nella durata
del mio canto
esulto di consunzione
respiro l’allegrezza del poema
che si libera nella mia caduta.
Dimenticare la mia angoscia o morire.
Dalla tua lingua, Yi...
dalla tua lingua
corre la parola - estensione di un delirio
ombra che accoglie una solitudine
Sorriso che moltiplica i miei sospiri.
Yi... impareremo assieme
a sviscerare la paura
Yi... la mia lingua sa di muffa
puzza di memoria-piaga
braccata fin nel suo rifugio.
Rinuncio a dire “io” per occuparmi del mio appello, del mio interpellare che comincia in me et che si prolunga in te.
AWAL la mia parola incessante, il mio eco reiterato.
AWAL annodato
copre la trama/fili
spazio-segno superstite del canto
eternizzantesi in un respiro/desiderio
Mia madre ombra-profilo!
Odio alle parole
isole yelle
amore tosato.
AWAL ti infrangi contro
muri di insolenza
parola errante senza dimora
senza un punto di appoggio
La tua voce non può crepare
Il canto, storia di sempre.
La scrittura!
la mia passione rinviata
la mia intensa verità
AWAL amore mio
mia rivolta intatta! [10]
(Algeri, 1985)
· Mohamed Arezki Hamour, nato nel 1961 ad Hakkafa, è un estremista della Democrazia. Da sempre aspira a “vedere proclamato in Algeria lo Stato di Diritto, vedere trionfare le libertà e la democrazia sul suolo nazionale, e rivedere FINALMENTE sui volti degli Algerini il sorriso”.
TE
La sorgente non aveva
la freschezza dei tuoi occhi
la sua acqua non scorreva
come scorreva il tuo ridere
per le pianure
le montagne e sotto i grandi alberi
che restituivano al tuo ridere
il suo eco di sogno. [11]
· Youcef Mérahi, nato nel 1952 a Tizi-Ouzu, ha seguito degli studi economico-amministrativi e oltre ad aver pubblicato i suoi poemi sia su giornali e riviste sia in una raccolta, ha anche collaborato a diversi giornali.
Il poema possibile
Ad ogni appello del suicidio
Ad ogni questione del passato
La parola riconquistata
La madre riconosciuta
La mia pelle bianca
Il mio verbo pagano
Dio è in tutti i cuori? [12]
· Nnaser Uqemmum, quest'attore si firma cosi', il fonema (U) dell'appartenenza reabilita il fatto di avere un senso nella e con la lingua materna che da assenza diventa presenza. Autore di opere inedite in tamazight, collaboratore di alcuni giornali in berbero ed animatore di corsi di tamazight.
LA STELLA (omaggio a
Stella chi sei?
Sono la scintilla ammirata
al chiaro di luna: LUCE
Sono la verità taciuta
languida nella mia attesa: STORIA
Sono la donna del sermone
abbandonata, la memoria si sovviene: DIHYA
Stella chi sei?
Sono la terra bramata
in tutti i tempi: PATRIA
Sono il verbo vivente
nella fratellanza che si espande: LINGUA
Sono la bocca che parla
di cui ogni parola è benedetta: MASSINISSA
Stella chi sei?
Sono l’esempio palese
che fra i suoi pari trascende: GIUGURTA
Sono la radice oppressa
nondimendo di nobile rango: BERBERO
Sono Yacine, il compianto
a mio riguardo avendo scritto: YACINE [13]
(Ottobre 1989)
· Mohamed Younsi, poeta e giornalista, nato in Kabylia nel 1962. Autore di due raccolte ancora inedite di poemi, è conosciuto per i suoi articoli giornalistici e per alcune poesie pubblicate su Voix multiples e Tin Hinan.
ATTENDO
Attendo gli occhi alle prese con l’orizzonte
finirò mai di attendere perché ci sono queste formiche
che mi scarnano i piedi per costringermi
ad andare via queste vespe volano a raso
del mio viso impassibile in reiterate incursioni
il mio orizzonte è fatto solo di queste ombre fruscianti
ai venti e che lacerano i rovi l’essere immerso
nell’assenza e le formiche si danno un bel dafare a scarnificarmi
i piedi le vespe a prendermi per il loro nido
attendo c’è la tua immagine viva che ondeggia fra
i miei occhi come una farfalla che avanza pretese su
un fiore adesso le vespe suonano una melodia
et le formiche dansano sulle foglie morte [14]
(Tratto da Échos d’outre-vie, inedito)
· Mohamed Attaf, nato nel 1942 a Tizi-Ouzou, dopo studi di contabilità, ha uno studio di commercialista nella città natale, è uno degli animatori dell’Associazione di Studi Storici ed Archelogici della Willaya di Tizi-Ouzou. Autore di poemi, racconti e novelle, ha pubblicato essenzialmente su giornali e riviste tanto in Algeria quanto all’estero.
Dalla miseria degli uomini
Nascono giuste rivolte
E dalla panoplia di parole lucide
Si erge una filza di soli. [15]
· Amer Ait Saâdi, nato nel 1964 a Darna (Tassaft), ha studiato arte drammatica e coreografia. Non solo poeta e giornalista, ma anche pittore.
NEL MIO SOGNO
Nel mio sogno, un mondo insolito
un immenso libro fra le mani
Ho lasciato il paese
dove mi veniva rifiutato l’ascolto.
Ho lasciato il paese
le risate ed i sarcasmi.
Sballottato da un itinerario all’altro
fin verso la poesia.
Da quel pellegrinaggio
sono poi tornato sui miei passi.
Il sogno si rifiuta di lasciarmi
come se fossi nato con
un magnete e temendolo
come un’orchessa.
Sonno e sorriso
disertano il mio corpo
fino a quando non raggiungo la poesia.
In fondo, proprio in fondo
la parola non c’era
gli artigiani l’avevano portata via. [16]
(1984)
· Guy Touati, nato nel 1944 a Brest, un berbero-celta errante d’isola in isola, da Tamentit a Brégoulou, i suoi sogni sono ancorati nei Caraibi...
Nel corpo dell’H
delle foreste che mi dominano
vedo soltanto Hevea
che invadendo dissennato
il mio giardino di delizie
Hevea
ermafrodita
maschio insaziabile
o androgino
eva lubrica
offrendo humus generoso
a ripetute intromissioni di scorza
sforzandosi di issare edonistico vassallaggio
alle cime del Condor
(... so dei Quechuas principio di vitalità
che nè l’ispanica inquisizione, nè la schiavitù,
nè l’alcool, nè la foglia di coca avrebbero potuto
corrompere.
Ma allucinazioni non sono affatto sotterfugio,
Sono lo iato ombelicale,
Sono l’hapax del corpus,
Sono un rifugio per te am...)
Evohe Wiracocha
del cielo e della terra e del sol levante
imploro l’ultimo sciamano
di ravvivare letargica semenza
di lanciare amazzoni soccorrere hevea
profumare incisioni
attraverso cui sanguina il mio essere. [17]
Da questa breve carrellata risulta che i temi che attraversano questa poesia non sono solo la rabbia, la solitudine, ma anche la città di Algeri, che rappresenta uno spazio quotidiano, familiare, coi suoi quartieri, le sue strade e la sua Università.
"Algeri si diverte
Algeri corre
Algeri ride"
scrive Mérahi in Algérimes.
Lo spazio urbano è vissuto fisicamente, sensualmente, in tutte le sue fibre, tanto da poter proporre un parallelo con le tematiche legate al corpo ed all’amore, specialmente al corpo femminile, un “oscuro oggetto del desiderio” a cui fanno capo tutti i fantasmi. Donna? visione? o sogno? "... come se nessuna forma trovasse grazie davanti ai tuoi occhi sogno felice rapito alla mia vista in un batter di ciglia". (Younsi). Nominare il corpo respinto da una società, da un modus pensandi, significa attribuirgli un’identità, un ruolo. Rivendicare il proprio desiderio significa rivendicare anche la propria parola. Nel corpo si inceneriscono "tutte le parole bastarde: le parole menzogne"; una scottante morsa (...) farà fondere i trapianti della mia lingua", "una voce nuova faringalizza il silenzio" scrive Ait Ferroukh prima di terminare con "Awal", inno al corpo ed alla poesia.
Si tratta di una poesia che
interpella la memoria, la rimembranza, non solo emozionale, ma anche storica
e politica. Il poema di Uqemmum sembra il luogo di una profonda ferita incisa
nel corpo, una ferita a forma di stella, il cui balsamo è la Patria, Giugurta,
Massinissa,
Forse non si può parlare di intertestualità - mettere cioè un testo in relazione con altri, diacronicamente - ma di transtestualità, per favorire un approccio quindi sincronico, simultaneo. In realtà, il testo deriva dall’intreccio di tre lingue. All'origine della parola testo è il verbo tessere; e un tessuto variegato, dai forti contrasti, è alla base di questa letteratura in divenire. Ora, la scrittura di questi poeti non è mai in una lingua, ma nell'instabile intercapedine fra diversi spazi linguistici. il significato della lingua madre sgorga in seno all'altra lingua per introdurvi un respiro, una poetica immediata: Awal (la parola), iles (la lingua), yelles (tosato), Yi diminutivo di Yemma, "madre" in berbero). L'incrocio di lingue in questa raccolta fa si' che nessuna sia d'impaccio all'altra. Sono testi attraversati dallo stesso idioma, quello del desiderio: lingua del corpo e di un avvenire che non è riducibile all'antagonismo, una specie di reazione all'ideologia della separazione messa in atto dal potere.
Anche scritta, la lingua madre impone i suoi referenti: da un lato il canto che costituisce la sua modalità performante: il poema Fadhma è stato composto per essere cantato sulla melodia di Suzanne di G. Allwright che a sua volta si è ispirato a L. Cohen.
Siamo quindi in presenza di un plurilinguismo interno, implicito, come anche di una intertestualità interna, autonoma. È una scrittura costantemente sull'orlo dell'abisso, che non cerca una consolidazione, in quanto il processo creativo passa obbligatoriamente da tutti gli strati di una sorta di Ursprache, di lingua primordiale. Si tratta anzitutto di un tipo di scrittura il cui spazio referenziale è la nazione; una nazione inesistente perché dopo l’indipendenza non si è stati capaci di costruirla. Quest’incapacità è fonte di rabbia, di voglia di costruire, di gridare.
“La lingua usata è spesso
semplice e dietro questa semplicità - in filigr
Siamo di fronte ad una poesia
del “non-luogo”, dell’assenza, che si allont
Il poeta non rientra nella norma, è un Majnùn e per questo è creativo, e lo spazio poetico, il suo impatto sulla società, derivano da questa marginalità.
La scrittura è quella del desiderio, desiderio di sé, dell'altro, dell'altra lingua che non esiste, la lingua Ombra, quella dell'inconscio.
La presente antologia si integra ad una poesia generale dell'Algeria, questa ricerca che va al di là della separazione tramite le lingue; i testi si integrano alla lunga ed antica storia della poesia algerina: pluralità di idiomi che si fondono in un'unità creatrice.
Rosalia Bivona
[1] Farida Ait Ferroukh, Nabile Farès, Effraction. La poésie du tiroir. (Anthologie poétique algérienne), Le Dé bleu - Le noroît, 1993.
[2] Ibidem, introduzione.
[3] Alcuni poeti hanno pubblicato su riviste universitarie come Souffles ad Algeri oppure Voix Multiples ad Orano (M. Ourad), oppure hanno letto le loro poesie alla radio (M. Ourad e R. Kaci).
[4] Vedi i numerosi poeti pubblicati dalla stampa berberofona come Asalu e Tamurt.
[5] Farida Ait Ferroukh, Nabile Farès, Effraction. La poésie du tiroir. cit., pp. 22 - 23. La traduzione dei poemi qui presentati è nostra.
[6] Ibidem, p. 28.
[7] Ibidem, pp. 32 - 33.
[8] Ibidem, p. 42.
[9] Ibidem, p. 65.
[10] Ibidem, pp. 72 - 75.
[11] Ibidem, p. 93.
[12] Ibidem, p. 106.
[13] Testo berbero a fronte, Ibidem, pp. 111, 113.
[14] Ibidem, p. 122.
[15] Ibidem, p. 127.
[16] Ibidem, p. 137.
[17] Ibidem, pp. 152 - 153.
[18] Ibidem, introduzione p. 19.